Intervista della domenica. Sorj Chalandon: "I miei libri non curano le mie ferite"

Dopo essere fuggito dalla tua famiglia a Lione, sognando un'altra vita, hai vissuto la strada, la fame e la solitudine di Parigi, un giovane senza un tetto sopra la testa, pronto a difendere la tua dignità con un coltello. Cosa rimane di lui nell'uomo realizzato che sei?
“Sono ancora quel cane randagio: ringhia ancora dentro di me. La sua rabbia è eterna. La strada mi ha plasmato, mi ha insegnato a vedere l'umanità nelle sue ferite e nella sua luce. Quando vedo un uomo umiliarne un altro per strada, non passo oltre. Ingiustizia, mancanza di rispetto, non le tollero. Eppure, di fronte a una coppia di anziani che attraversa la strada appoggiandosi ai bastoni, piango. Perché è bella, con una dolce violenza, questa fragilità che resiste.”
Nel libro accenni alla tua paura di tornare a...
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L'Alsace